Elsa è una giornalista francese inviata in Afghanistan, con i suoi articoli anti-militaristici si è guadagnata delle antipatie nell’ambiente militare ma è una idealista di cuore e finisce nei guai per un articolo che sta preparando in cui rileva le origini di una donna che è stata comprata bambina da un Zaief, un capo di una tribù talebana.
Zaief è un pazzo sanguinario, temuto più che rispettato dai suoi uomini, è un uomo colto (ha studiato in Inghilterra) ma questo non lo rende meno crudele. Ordina quindi l’omicidio della donna che ha osato tradirlo e di rapire Elsa e il suo accompagnatore.
Intervengono così le forze speciali francesi che non hanno il tempo per una preparazione accurata della missione e devo rimettersi all’improvvisazione, al coraggio e alla fortuna avventurandosi in una missione di salvataggio pericolosissima. Il commando riesce a liberare la donna e il suo amico afghano ma manca l’appuntamento con gli elicotteri del recupero, rimasti senza mezzi di comunicazione in Pakistan si mettono in cammino per raggiungere un punto in cui poter contattare forze amiche e farsi recuperare, inseguiti dai feroci talebani.
E’ un film della propaganda francese, un film realizzato in guerra per convincere la popolazione della bontà delle missione di pace, della potenze, dell’umanità e della capacità delle forze combattenti francesi, con alcune sequenze spudorate, soprattutto nella parte iniziale, in cui tutte le forze armate francese, marina, esercito ed aeronautica, vengono mostrate con le divise a lucido e i mezzi migliori e più moderni, un po’ come nei film della propaganda sovietica dell’ultima guerra.
Se si perdonano alcuni eccessi di questo tipo che nel proseguire del film lo fanno assomigliare a un vecchio western con i bianchi buoni assediati dai cattivi indiani, il film regge e si lascia guardare con piacere fino alla fine, soprattutto quando prova a dare un po’ di spessore psicologico ai personaggi.
Due settimane, tanto dura la fuga del commando e dei due ostaggi prima di riuscire a raggiungere forze amiche. In quindici giorni i nostri eroi riescono a fare una strage di talebani cattivi, ottenere ospitalità in un villaggio afghano e causando una strage di rappresaglia da parte delle forze talebane. Durante la fuga alcuni dei buoni perde la vita, quasi sempre eroicamente, ma ci sono addirittura delle morti più casuali, a dimostrazione di una sceneggiatura votata alla propaganda ma con un suo spessore intrinseco. Anche la giornalista impara a rispettare i militari che la stanno proteggendo, non solo perchè le stanno salvando la vita mettendo a repentaglio la propria ma anche perchè impara a conoscerli anche come esseri umani, con la loro forza e le loro debolezze.