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Quasi amici

Quasi amiciIl film è uscito in Italia in dopo aver avuto un mostruoso successo in Francia, di pubblico e di critica. Un successo a mio parere meritato.

Pur essendo costruito su dei luoghi comuni per certi aspetti addirittura banali il regista e gli interpreti sono riusciti a costruire un film che funziona a che cattura lo spettatore trasportandolo fino alla conclusione con emozione.
Ricorda la favola di Pretty Woman anche se in questo caso è l’amicizia e non l’amore che sboccia tra il ricco e il povero e i personaggi sono inseriti in un ambiente così scontato da sembrare addirittura banale: il ricco Philippe (François Cluzet) è un tetraplegico alla ricerca di un badante, ricco da fare schifo vive nel lusso ed è circondato da personale che bada al suo benessere, una segretaria tutto-fare di stampo teutonico conservatrice fino al midollo, cuochi, cameriere e infermieri che badano alle sue necessità, quello di cui ha bisogno è un uomo di fatica che lo aiuti nelle faccende pratiche, dove la sua disabilità si fà più sentire.

Ai colloqui si presenta il senegalese Driss (Omar Sy) , uno sbandato appena uscito di prigione che vive di espedienti. Non è interessato al lavoro, ha soltanto bisogno di una firma per dimostrare all’ufficio di collocamento di aver partecipato senza successo a un colloquio di lavoro e continuare quindi a ricevere il sussidio di disoccupazione. Ovviamente lo staff di Philippe non prende nemmeno in considerazione la sua candidatura dato che non ha la minima preparazione e che è evidentemente un personaggio difficile ma il miliardario rimane colpito nel corso di un breve colloquio da una sua caratteristica: nei suoi confronti non mostra nessuna pietà ed è proprio questo quello che lui sta cercando, una persona che lo possa aiutare senza compatirlo. Gli propone quindi di provare il lavoro e Driss, molto riluttante, accetta.

Nasce tra i due un rapporto molto particolare proprio per il fatto che Driss non è un badante, non è uno che sa stare al suo posto. Impara ad aiutare Philippe nelle sue necessità ma impara anche a rispettarlo come uomo, sconvolge la sua vita e quella del so entourage con i suoi modi di fare rozzi e diretti movimentano la lussuosa e noiosa routine della villa.

Dris viene a sapere che Philippe ha una relazione epistolare con una donna e lo aiuta a sbloccarsi spingendolo a mandare una foto alla sua corrispondente; mette ordine nei rapporti tra Philippe e la figlia e tra questa e il suo fidanzato, a modo sui ovviamente ma dopo poco tempo viene spinto dal suo datore di lavoro a cercarsi una nuova occupazione e così il senegalese torna nel suo ghetto mentre il miliardario torna alla sua vecchia, noiosa e infelice vita.

A sbloccare la situazione e a far reincontrare i due ci pensa Yvonne, l’assistente tuttofare di Philippe che capisce che il suo capo si sta lasciando andare per l’assenza dell’amico e lo chiama. Il ritorno di Dris è molto breve, i due amici, dopo una rocambolesca corsa in macchina sulla maserati del miliardario che rischia di farli finire dritti in prigione si ritrovano in un bar, Dris esce dal locale lasciando l’amico sorpreso e arrabbiato e dalla porta entra Elenore, la corrispondente di Philippe.

Il film si basa su stereotipi pericolosamente banali: il ricco e il povero, l’handicap, l’uomo di colore che pur essendo a tutti gli effetti francesi non si integra nella società e vive ai margini, nel ghetto e nell’illegalità, perfino la segretaria del miliardario è esattamente come ci si aspetterebbe eppure tutto funziona alla perfezione. Merito del cast che interpreta i personaggi in maniera superba ma anche della definizione di questi che, in fondo, non sono come ci si aspetta e riservano sorprese fino all’ultimo fotogramma, proprio come nella realtà.

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