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Mario Monicelli

Mario MonicelliMario Monicelli nacque a Roma il 16 maggio del 1915 da una famiglia originaria di Ostiglia (in provincia di Mantova). Per lungo tempo, si è ritenuto che fosse Viareggio la sua città natale, finché il critico cinematografico Stefano Della Casa, compiendo delle ricerche per la stesura del volume L’armata Brancaleone – Quando la commedia riscrive la storia e per il Dizionario Biografico Treccani, riportò alla luce il fatto di come Monicelli fosse, in realtà, nato a Roma, più precisamente nel quartiere di Prati. Sempre secondo Della Casa, pare che Monicelli stesso alimentasse l’equivoco per una sorta di forte affezione verso la città toscana. Il luogo di nascita di Monicelli è stato confermato da Luca Lunardini, sindaco di Viareggio, che ha dichiarato in proposito: “È vero: Mario Monicelli non è nato fisicamente a Viareggio, non risulta iscritto alla nostra anagrafe”, aggiungendo come “Da un punto di vista fisico, materiale, Monicelli non nacque a Viareggio ma a Roma; ma amava talmente tanto Viareggio che considerava questa città il luogo in cui era nata la sua anima, quindi lui stesso. E perciò elesse Viareggio a sua città natale, come riportano tutte le enciclopedie e le biografie sulla base della testimonianza diretta raccontata dall’interessato”. Un’ulteriore conferma è arrivata da Chiara Rapaccini, ultima compagna del regista, che ha confermato in un’intervista come il tutto non fosse “una beffa intenzionale di Mario, più semplicemente qualcuno, all’inizio, aveva scritto che era di Viareggio e lui si è divertito a lasciar correre, anche perché il suo rapporto con Viareggio era fortissimo”, aggiungendo che Roma, come corretto luogo di nascita del regista, fosse riportato anche sul suo passaporto.

Suo padre, Tomaso Monicelli, era un giornalista, direttore del Resto del Carlino e dell’Avanti!, nonché critico teatrale e drammaturgo, mentre sua madre era Maria Carreri, una donna molto intelligente sebbene di pochi studi. Suo fratello Giorgio fu un traduttore ed editore, mentre il fratello Furio (1922-2011) fu uno scrittore, il quale raggiunse un buon successo all’epoca con il romanzo Il gesuita perfetto. Monicelli era inoltre imparentato con la famiglia Mondadori: la sorella del padre, difatti, era la moglie di Arnoldo Mondadori e lo stesso Monicelli racconta di essere stato per molti anni buon amico di Alberto e Giorgio Mondadori.

Monicelli trascorre la sua infanzia nella capitale, dove frequenta le scuole elementari. Successivamente, si trasferisce con la famiglia a Viareggio, dove frequenta le medie, il ginnasio e due anni di liceo; si stabilisce poi a Milano, dove finisce la terza liceo ed inizia gli studi universitari. Nel capoluogo lombardo, Monicelli frequenta Riccardo Freda, Remo Cantoni, Alberto Lattuada, Alberto Mondadori e Vittorio Sereni; insieme fondarono, con l’appoggio dell’editore Mondadori, il giornale Camminare, in cui Monicelli si occupava di critica cinematografica. Monicelli raccontò di come, nelle sue critiche, si accanisse molto sui film italiani, mentre, di contro, esaltasse i film americani e francesi, che amava molto, affermando che forse lo faceva per una sua velata forma di antifascismo. Camminare non durò molto poiché il ministero della Cultura Popolare lo soppresse perché considerato di sinistra.

In seguito, Monicelli fa ritorno in Toscana, dove ultima gli studi universitari – presso la facoltà di Lettere e filosofia – a Pisa. Interessato al mondo della celluloide, Monicelli rimandò continuamente il momento di laurearsi fino alla chiamata alle armi, appena dopo la quale fu laureato poiché come lo stesso Monicelli afferma “bastava presentarsi alla laurea vestiti da militari e non occorreva né tesi né altro […] Così è stata la mia laurea, non so nemmeno se è valida”. Nel 1934, Monicelli gira il suo “primo esperimento cinematografico”, ovvero il cortometraggio Cuore rivelatore, ispirato all’omonima opera di Edgar Allan Poe. Lo gira insieme ad Alberto Mondadori ed Alberto Lattuada, con quest’ultimo in ruolo di scenografo poiché allora studente di architettura.

I tre lo inviarono ai Littoriali sperando invano che venisse poi proiettato nei Cineguf; il film venne bollato come esempio di “cinema paranoico”. L’anno seguente Monicelli gira il suo primo lungometraggio, I ragazzi della via Paal, tratto dall’omonimo romanzo dell’ungherese Ferenc Molnár Il film fu inviato a Venezia alla Mostra per i film a passo ridotto, parallela alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica; I ragazzi della via Paal fece guadagnare ai suoi realizzatori il primo premio e l’opportunità di lavorare nella produzione di un film professionale. Monicelli quindi poté saltare le varie fasi di formazione professionale e fu inviato a lavorare come “ciacchista” nella produzione del film di Gustav Machatý Ballerine, che si svolse a Tirrenia.

Si accosta al mondo del cinema grazie all’amicizia con Giacomo Forzano, figlio del commediografo Giovacchino Forzano, fondatore a Tirrenia di moderni studios cinematografici sotto il nome di Pisorno, curiosa fusione dei nomi delle due città, eterne rivali, Pisa e Livorno, che Mussolini progettava di compiere. In questi anni, in Monicelli si va delineando quel particolare spirito toscano che sarà determinante per la poetica cinematografica delle commedie del regista (molti scherzi della trilogia di Amici miei sono episodi che fanno realmente parte della sua giovinezza).

Subito dopo Ballerine, Monicelli trovò lavoro sempre come assistente nel film di Augusto Genina Lo squadrone bianco. In seguito svolgerà il medesimo ruolo di assistente in vari film, tra cui I fratelli Castiglioni di Corrado D’Errico; durante la produzione de I fratelli Castiglioni conosce Giacomo Gentilomo, con cui gira due film, La granduchessa si diverte e Cortocircuito, nei quali svolge ufficialmente per la prima volta l’incarico di aiuto-regista ed anche di cosceneggiatore. Sotto uno pseudonimo, Michele Badiek, dirige nel 1937 il film amatoriale Pioggia d’estate.

Monicelli ha il ruolo di regista, sceneggiatore e soggettista; il film vide la partecipazione di Ermete Zacconi e parte della sua famiglia, dell’apporto di molti amici e di molti concittadini. Egli afferma che questa esperienza fu importante per la sua formazione poiché imparò a “scrivere per il cinema, a girare, a trattare con gli attori […] E, soprattutto, a constatare, quando poi lo rivedevo in proiezione, che quello che mettevo in scena ogni giorno non corrispondeva se non in minimissima parte alle mie aspettative”. Nel frattempo è anche il segretario dell’attrice spagnola María Mercader, futura moglie di Vittorio De Sica. Nel libro dedicato a Mario Monicelli dalla fondazione Pesaro Nuovo Cinema Onlus, si afferma nella biografia del regista che dopo la laurea conseguita a Pisa nel 1941, Monicelli viene inviato l’anno seguente a Napoli per essere imbarcato per l’Africa; Monicelli riesce però a rimandare l’imbarco finché l’8 settembre non getta l’uniforme e scappa a Roma, dove rimane nascosto.

Nell’opera semi-autobiografica L’arte della commedia, Monicelli racconta che rimase nell’esercito arruolato nella cavalleria dal 1940 al 1943 cercando di evitare il trasferimento, temendo di essere inviato prima in Russia poi in Africa, finché l’esercito non si disfece; a quel punto scappò a Roma. Rimane nascosto nella capitale fino all’estate del 1944. A Roma frequenta l’Osteria Fratelli Menghi, noto punto di ritrovo per pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti tra gli anni quaranta e settanta.

Nel 1945 Monicelli è aiuto-regista nel primo film di Pietro Germi: Il testimone. In L’arte della commedia, Monicelli racconta che tra lui e Germi si instaurò un profondo legame; egli afferma: “Credo di essere stato uno dei pochissimi amici con cui aveva davvero confidenza”. Ad esempio di questo legame Monicelli racconta di due episodi. Quando Germi entrò in un periodo di crisi dopo la morte della moglie, chiamò Monicelli per dirigere il film che stava preparando (Signore & signori, del 1966), dicendogli che lui non poteva più dirigerlo; a Monicelli piacque molto il film, ma comunque si rifiutò e incoraggiò Germi a fare il suo film. L’altro esempio è quando Germi, impossibilitato a fare Amici miei per problemi di salute, chiamò Monicelli per dirigerlo.

Nel 1946 Monicelli fu scelto, insieme a Steno, da Riccardo Freda per realizzare la sceneggiatura di Aquila nera. Il film ebbe molto successo e la coppia Monicelli-Steno fu chiamata per scrivere alcune gag e battute per il film Come persi la guerra, di Carlo Borghesio, e prodotto da Luigi Rovere; da quel film, Monicelli e Steno formarono una coppia di sceneggiatori. La collaborazione con Steno, che durerà fino al periodo tra 1952 e 1953, produrrà alcune delle commedie più interessanti del dopoguerra; tra queste vi è Guardie e ladri, film del 1951 con Totò premiato al Festival di Cannes con il premio alla miglior sceneggiatura. In L’arte della commedia, Monicelli afferma che il sodalizio tra i due si interruppe esattamente durante la realizzazione dei film Le infedeli e Totò e le donne. Entrambi i film dovevano essere sceneggiati e girati a quattro mani da Steno e Monicelli, ma in realtà quest’ultimo si occupò solamente de Le infedeli poiché, come racconta, si era stancato di fare solo film comici; Steno si occupò invece di Totò e le donne. Tutto questo avvenne senza che i produttori lo venissero a sapere perché altrimenti, racconta Monicelli, non avrebbero dato fiducia alla coppia di registi.

Fu sceneggiatore, insieme a Federico Fellini, anche per film di Pietro Germi: In nome della legge (scritto con Pinelli, Germi e Giuseppe Mangione). Nel 1957 Monicelli vince il premio al miglior regista del Festival di Berlino con Padri e figli. Il film considerato lo “spartiacque” nella carriera di Monicelli è I soliti ignoti, del 1958, il quale segna l’avvio verso la cosiddetta “commedia all’italiana”. L’anno dopo è la volta di La grande guerra, che vince un Leone d’oro ad ex aequo con Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini ed ottiene una nomination all’Oscar al miglior film straniero. Nel 1963 Monicelli è autore del film I compagni, il quale varrà la seconda nomination ad un premio Oscar, quello alla migliore sceneggiatura originale. I soliti ignoti, La grande guerra ed I compagni sono tra i capolavori del regista viareggino.

I soliti ignoti, del quale Monicelli è anche sceneggiatore assieme ad Age e Scarpelli e a Suso Cecchi D’Amico, rovescia per la prima volta la dialettica di Guardie e ladri con la quale lo stesso Monicelli (insieme a Steno che lo affiancò alla regia) aveva impostato fin dal 1951 la rappresentazione del rapporto tra autorità e libertà, tra giustizia togata e semplice sopravvivenza delle classi più umili. Quattro anni dopo, Monicelli inverte i ruoli: in Totò e Carolina (1955) lo straordinario attore napoletano non è più un ladruncolo ma un poliziotto, e la censura dell’epoca non prende affatto bene l’ironia intorno alle forze dell’ordine: il film subisce pesanti e talvolta inspiegabili tagli, e benché in tempi recenti ne sia stata restaurata la copia originale, continua a essere trasmesso nella versione “epurata” e inquinata da un demenziale titolo di testa imposto dalla censura di allora, francamente insultante anche solo nei confronti del livello attoriale di Totò.

Così con I soliti ignoti Monicelli abbandona la dialettica antagonista tra tutori e trasgressori della legge, rappresentando esclusivamente il lato mite, confusionario e frustrato di un manipolo di aspiranti ladri votati all’insuccesso. La grande guerra, lontano dagli stereotipi classici della commedia, svaria notevolmente da un estremo all’altro del registro tragicomico affrontando un argomento doloroso e complesso come la tragedia della Prima guerra mondiale, ed è impreziosito dalle memorabili interpretazioni di Alberto Sordi e Vittorio Gassman. I compagni, film sulla storia del sindacalismo e, ancor prima, sulla fratellanza tra operai delle fabbriche, è poco noto al grande pubblico ma molto apprezzato dalla critica (con Marcello Mastroianni, Renato Salvatori e Annie Girardot).

Negli anni sessanta Monicelli si dedica anche a film a episodi: Boccaccio ’70 del 1962, Alta infedeltà del 1964 e Capriccio all’italiana del 1968 (anche se l’episodio da lui diretto in Boccaccio ’70 fu tagliato dal produttore Carlo Ponti, scatenando la protesta dei registi italiani che decisero quasi tutti di boicottare il Festival di Cannes del 1962, che avrebbe dovuto essere inaugurato appunto da questo film). Ne L’armata Brancaleone (1966) e, con minor efficacia, nel seguito intitolato Brancaleone alle crociate (1969), Monicelli mette in scena un singolare Medioevo tragicomico, costellato dall’uso di un’inedita lingua maccheronica divenuta memorabile nel cinema italiano. Il film del 1966 viene anche selezionato per il festival di Cannes.

Nel 1973 il film Vogliamo i colonnelli è selezionato per il festival di Cannes. Tra gli altri film di rilievo occorre ricordare La ragazza con la pistola, terza nomination all’Oscar (1968), Romanzo popolare (1974) e i primi due capitoli della trilogia di Amici miei (1975, 1982) – quello conclusivo (1985) verrà infatti diretto da Nanni Loy. Caro Michele vale per Monicelli l’Orso d’argento al festival di Berlino nel 1976.

Il film successivo, girato nel pieno degli anni di piombo, ne esprime il dramma ispirandosi a un’opera dello scrittore Vincenzo Cerami: Un borghese piccolo piccolo (1977) è un’opera interamente e profondamente drammatica, estranea alle suggestioni tragicomiche delle opere precedenti e successive (Il marchese del Grillo, 1981, che pure si avvale di un’ottima interpretazione dello stesso Sordi). La sua regia nel Il marchese del Grillo gli fa vincere l’Orso d’argento al festival di Berlino del 1982. Negli anni ottanta e novanta, lo sguardo del regista cambia ancora: dal maschilismo di Amici miei si passa all’esaltazione della donna contenuta nell’opera Speriamo che sia femmina (1985), con cui torna a ricevere ampi consensi di critica e pubblico. Il successivo Parenti serpenti (1991) presenta nuovamente una caustica rappresentazione del modello familiare attraverso la problematicità dei rapporti tra generazioni, culminante in un finale addirittura tragico e scioccante. Nel 1994 esce nelle sale il grottesco Cari fottutissimi amici, che vede come protagonista l’attore genovese Paolo Villaggio. La pellicola, presentata al Festival di Berlino nello stesso anno, si aggiudica un Orso d’argento, nella sezione menzione speciale.

Monicelli si dedica anche al teatro, sia in prosa che lirico, con alcune felici produzioni, soprattutto negli anni ottanta. Per la televisione produce il cortometraggio Conoscete veramente Mangiafoco? (1981), con Vittorio Gassman, La moglie ingenua e il marito malato (1989) e Come quando fuori piove (2000), mentre come documentario Un amico magico: il maestro Nino Rota (1999) e vari collettivi. Mario Monicelli si è anche occasionalmente prestato a qualche cameo attoriale (L’allegro marciapiede dei delitti, 1979; Sotto il sole della Toscana, 2003; SoloMetro, 2007), dando anche la voce al nonno di Leonardo Pieraccioni ne Il ciclone (1996).

È da considerarsi probabilmente il regista che meglio di tutti ha interpretato lo stile e i contenuti del genere della Commedia all’italiana. Il suo attore di riferimento è stato Alberto Sordi, da lui trasformato in attore drammatico in La grande guerra e Un borghese piccolo piccolo, ma ha anche avuto il merito di scoprire le grandi capacità comiche di due attori nati artisticamente come drammatici: Vittorio Gassman nei Soliti ignoti e Monica Vitti nella Ragazza con la pistola. Il sorriso amaro che accompagna sempre le vicende narrate, l’ironia con cui ama tratteggiare le storie di simpatici perdenti, caratterizzano da sempre la sua opera. Forse non è un caso che molti critici considerino I soliti ignoti il primo vero film della commedia all’italiana, e Un borghese piccolo piccolo l’opera che, con la sua drammaticità, chiude idealmente questo genere cinematografico.

Con l’avanzare dell’età la sua attività è gradualmente diminuita ma non si è mai fermata, grazie ad una forma fisica e mentale sempre buona. A dimostrazione di questo, a 91 anni è tornato al cinema con un nuovo film, Le rose del deserto (2006). In occasione della sua uscita ha confidato, in un’intervista a Gigi Marzullo, di non aver alcuna paura della morte, ma di temere moltissimo il momento in cui smetterà di lavorare, perché si annoierebbe moltissimo. In un’intervista del 2008 ha dichiarato di aver abbandonato definitivamente l’attività registica con il cortometraggio documentaristico Vicino al Colosseo… c’è Monti. Nonostante ciò nel 2010 realizza La nuova armata Brancaleone, un cortometraggio di protesta contro i tagli alla cultura e all’istruzione di questo governo, con la collaborazione del compositore Stefano Lentini, di Mimmo Calopresti in veste di sceneggiatore e di Renzo Rossellini come produttore. Il corto è stato presentato durante l’Open Day al Cine-Tv Rossellini di Roma il 3 giugno 2010, dove sono stati presenti diversi giornalisti e politici, e oltre ai professori e ai ragazzi vi ha partecipato anche lo stesso Monicelli. Nello stesso anno ha inoltre preso parte alla realizzazione del cortometraggio L’ultima zingarata, omaggio al suo Amici miei, in cui reinterpreta il ruolo del professor Sassaroli.

A partire dal 2009 il Bif&st di Bari assegna un Premio intitolato a Mario Monicelli per la migliore regia tra i film del festival.

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