La sanguinosa guerra di secessione sta finalmente volgendo al termine, i Confederati sono allo stremo dopo anni di battaglie ma anche dalla parte dell’Unione si vuole far cessare la guerra quanto prima. Il presidente Lincoln, caparbiamente, vuole riuscire a far approvare dal congresso il tredicesimo emendamento prima che finisca la guerra.
Sembra un particolare giuridico di poco conto eppure non è un voto, non è un pezzo di carta come tanti altri, l’emendamento proibisce la schiavitù in tutto il territorio degli Stati Uniti d’America e approvarlo ha enormi implicazioni, morali ed economiche. Siamo ancora in un’epoca in cui la scienza ufficiale è convinta di differenze antropologiche tra le razze, afferma la superiorità della razza bianca, l’economia degli stati del sud, prevalentemente agricola, dipende fortemente dagli schiavi. Approvare l’emendamento significa anche prolungare la guerra dato che gli stati del sud non possono accettare di rientrare a far parte degli Stati Uniti accettando questo emendamento e quindi la distruzione della propria economia.
Sullo sfondo della guerra il presidente Lincoln gioca le sue carte e per riuscire a far approvare l’emendamento si serve di mezzi e mezzucci arrivando a corrompore alcuni parlamentari, convincendone altri e muovendosi sul filo della legalità, probabilmente abusando dei propri poteri.
Ci sono anche le vicende umane di questo grande presidente che vive con una moglie che si muove sul filo della follia (verrà più avanti rinchiusa in un manicomio), che ha perso un figlio in giovane età e vede che un altro vuole partire come volontario per la guerra.
E’ un film patriottico che non nasconde il lato meno eroico di alcuni momenti storici. Il fine giustifica i mezzi, sembra dire Lincoln e con lui l’autore del film, e la grandezza del presidente Lincoln è stata anche nel correre dei rischi e nello sporcarsi le mani per cause che riteneva giuste.
