Jean-Paul Belmondo (Neuilly-sur-Seine, 9 aprile 1933) è un attore francese.
Figlio di Paul Belmondo (1898-1982), uno scultore francese, nato nell’allora Algeria francese da genitori italiani (padre piemontese e madre siciliana), e di Sarah Rainaud-Richard (1901-1996), una pittrice francese, il giovane Jean-Paul si diploma al secondo tentativo presso il Conservatoire national supérieur d’art dramatique e inizia il suo apprendistato di attore in teatro, ove recita in classici come L’avaro di Molière e, successivamente, Cyrano de Bergerac di Rostand.
L’esordio cinematografico avviene nel 1956 con il cortometraggio Molière di Norbert Tildian. Nonostante abbia interpretato già pellicole di un certo rilievo – come A doppia mandata (1959) di Claude Chabrol e La ciociara (1960) di Vittorio De Sica – il film che lo consacra come uno dei maggiori attori francesi presso pubblico e critica è Fino all’ultimo respiro (1960) di Jean-Luc Godard, che lo aveva già diretto precedentemente nel cortometraggio Charlotte et son Jules. Dopo il successo col film di Godard, Belmondo viene contattato da Claude Sautet per recitare accanto a Lino Ventura nel suo noir Asfalto che scotta (1960), molto apprezzato dalla critica. Con l’interpretazione seria e malinconica di Eric Stark, Belmondo dà prova di notevole talento e di intensità drammatica.
Seguono successivamente le ottime prove recitative in film di buon successo, come Léon Morin, prete (1961) e Lo spione (1962), entrambi di Jean-Pierre Melville, maestro indiscusso del noir francese, regista che tra l’altro era apparso in un cameo nel film Fino all’ultimo respiro, nelle vesti dello scrittore Parvulesco. Nel 1963 Belmondo viene chiamato dal regista Renato Castellani per il suo Mare matto, dove interpreta brillantemente un marinaio livornese, innamorato di una pensionante (interpretata da Gina Lollobrigida) che poi si imbarcherà per trasportare un carico di vino, sotto la guida dell’ammiraglio (Odoardo Spadaro). La pellicola, pesantemente tagliata dal produttore Franco Cristaldi ma riscoperta oggi da molti critici, è un grande esempio di commedia all’italiana, con risvolti malinconici, che dà un grande spaccato dell’Italia degli anni sessanta.
Riconosciuto ormai come un divo fra i più popolari del cinema francese, con L’uomo di Rio (1965) di Philippe de Broca, Belmondo inizia la svolta del suo percorso artistico verso un filone più commerciale, tuttavia sempre molto apprezzato dal pubblico. Nel 1970 ottiene infatti un enorme successo internazionale con Borsalino, interpretato al fianco di Alain Delon. Ritornerà solo nel 1974 al cinema d’autore con Stavisky il grande truffatore di Alain Resnais, ma senza riscuotere particolari consensi.
Negli anni settanta si specializza nel genere poliziesco, interpretando spesso molte scene pericolose senza controfigura, intervallando la sua produzione con pellicole drammatiche: in questi anni lavora sotto la direzione di grandi registi come Henri Verneuil, Georges Lautner, Philippe Labro, Jacques Deray e Philippe de Broca. A partire dai tardi anni ottanta, tralasciando crepuscolari pellicole di genere poliziesco, guerra e commedia, come Professione: poliziotto (1983), Irresistibile bugiardo (1984), L’oro dei legionari (1984) e Tenero e violento (1987), Belmondo privilegia il teatro, ma ottiene ancora un grande riconoscimento dal cinema nel 1989, quando riceve il Premio César per il migliore attore per il film Una vita non basta di Claude Lelouch.
La mattina dell’8 agosto 2001 è colpito da un’ischemia cerebrale che lo allontana dal grande schermo e dal teatro fino al 2008, quando torna al cinema come protagonista del remake francese di Umberto D. di De Sica. Il 18 maggio 2011 viene insignito della Palma d’oro alla Carriera, durante la 64ª edizione del Festival di Cannes. Nel 2016, assieme al regista Jerzy Skolimowski, gli viene assegnato il Leone d’oro alla carriera, alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.