Distribuito in versione italiana solo dal 2009, con più di venti anni di ritardo rispetto all’uscita in Giappone e negli paesi, il mio vicino Totoro circolava già da anni tra gli appassionati in versione fansub.
E’ il film più riuscito Hayao Miyazaki che riesce a fondere tutti gli elementi tipici del suo lavoro in una storia perfetta ed è proprio per questo che viene apprezzato da bambini, adulti, giapponesi e stranieri dato che ognuno riesce a coglierne aspetti più vicini alla propria sensibilità.
Siamo nel Giappone degli anni cinquanta, nel dopoguerra il paese stava ricostruendo la sua economia e non era ancora diventato quella potenza economica e tecnologica che siamo abituati a conoscere. La protagonista è Satsuki, una bambina di undici anni, che si trasferisce con la sorellina Mei e il padre in una nuova casa in campagna, abbandonando la città. Come chiaro più avanti nel corso del film la famiglia trasloca per stare più vicina alla madre che è costretta in ospedale da una lunga malattia.
Il film si apre con la scoperta del nuovo mondo da parte delle due sorelline della nuova casa immersa nella natura. Satsuki pur essendo ancora una bambina svolge già compiti tipici di una donna, sbriga le faccende di casa e cucina anche per il padre e la sorellina. Mei ha solo quattro anni, per lei il mondo è tutto da scoprire ed è lei la prima a trovare le cose strane della nuova casa e della natura.
La prima scoperta di Mei sono i makkurokurosuke, dei simpatici spiritelli della fuliggine che animano gli angoli bui della casa e che possono essere visti solo dai bambini. In seguito la bambina esplora il boschetto vicino alla casa, vicino all’enorme albero di canfora al centro del bosco fa conoscenza con altri simpatici spiritelli, questa volta spiriti della natura, e incontra poi Totoro un enorme animale fantastico dall’aspetto che ricorda un po’ un criceto.
La bambina non è spaventata dal gigantesco animale che vive tra gli alberi e si esprime solo con dei grugniti come Chewbecca e cerca di mostrarlo al padre e alla sorella, lo descrive come uno spirito che ha visto in uno dei suoi libri di fiabe e ne storpia il nome con la pronuncia tipica di una bambina di quattro anni: in nome corretto sarebbe Tororo ma questo diventa Totoro (appunto).
I tre esplorano il bosco ma non riescono a vedere Totoro, come intuisce il padre non c’è niente di sorprendente dato che gli spiriti del bosco decidono di lasciarsi vedere solo quando vogliono e solo a chi vogliono.
Il trasloco viene rapidamente completato anche grazie all’aiuto dei vicini e a questo punto facciamo conoscenza di altri due personaggi interessanti: una nonnina tuttofare e un timidissimo bambino coetaneo di Satsuke, nel fine settimana vanno tutti e tre in bicicletta a visitare la madre malata in ospedale e lunedì il papà torna alla lavoro nel suo ufficio di Tokyo dove si reca con l’autobus e una sera le due bambine vanno ad aspettarlo alla fermata con un ombrello dato che nel frattempo è cominciato a piovere.
Il padre tarda, si fa tardi e Mei è stanca. Satsuki la prende sulle spalle e la piccola dopo si addormenta, arriva Totoro che aspetta un autobus molto speciale. Satsuki gli offre l’ombrello per ripararsi dalla pioggia e per ringraziarla lo spirito regala alle due sorelle delle ghiande e dei semi, poco dopo arriva il Gattobus che Totoro stava aspettando e quindi anche il padre torna finalmente a casa.
Le bambini piantano i semi nel giardino di casa e qualche giorno dopo vengono svegliate nel cuore della notte da dei rumori provenienti dall’esterno, vedono Totoro e altri spiriti della foresta impegnati in quella sembra un’allegra danza cerimoniale, si uniscono alle danze attorno ai semi piantati da cui cresce un gigantesco albero che in pochi secondi svetta fino al cielo. Il mattino seguente l’albero è sparito ma attorno dai semi stanno realmente spuntando delle piantine.
Satsuki vive molto responsabilmente i suoi undici anni, di giorno il padre è al lavoro a Tokyo e tocca a lei occuparsi della casa e della sorellina; ha responsabilità di una donna ma è ancora una bambina, infatti riesce a vedere gli spiriti della foresta e della fuliggine che apparentemente non si mostrano agli adulti. Dall’ospedale però arrivano brutte notizie: un telegramma informa la famiglia che la madre ha avuto un improvviso peggioramento e non potrà quindi tornare a casa come originariamente previsto, di fronte a questa notizia Satsuki ha un crollo: aspettava il ritorno della madre con impazienza e come se non bastasse non riesce ad avere notizie più dettagliate sulle reali condizioni della madre, siamo nel Giappone degli anni cinquanta, i telefoni sono rari e i cellulari sono di là da venire, la bambina va nel panico e risponde male alla sorellina che, con i suoi quattro anni di età, non capisce cosa sta succedendo.
La piccola Mei decide quindi di portare alla madre una pannocchia di granoturco convinta che delle verdure fresche la faranno guarire rapidamente, si incammina e … ovviamente si perde dato che l’ospedale è troppo lontano per una bambina di quell’età.
Non ho visto la versione doppiata in italiano, spero che sia stata ben curata perchè a questo punto Satsuki comincia a cercare la sorellina, non trovandola comincia a correre in tutti i posti in cui potrebbe essere, a casa, in giardino e nel bosco. Col passare del tempo nella versione in lingua originale la bambina è sempre più col fiato corto: le corse ma soprattutto il crescente panico le tolgono il respiro, la bambina non si trova. Satsuki chiede aiuto ai vicini, coordinati dalla nonnina i contadini delle campagne abbandonano il lavoro nei campi e si mettono alla ricerca della bambina, senza successo.
Sempre più disperata Satsuki ha un’intuizione e corre nel bosco verso l’albero di canfora per chiedere l’aiuto di Totoro, questi con uno dei suoi grugniti chiama il Gattobus e la bambina sale. Il Gattobus è una specie di autobus a forma di gatto, con dodici zampe, si muove velocissimo, vola, e al suo passaggio gli alberi della foresta si inclinano per dargli strada, sorvolano la campagna e riescono finalmente a ritrovare Mei che, stanchissima, siede sul ciglio della strada consapevole di essersi persa.
Il Gattobus offre alle due sorelle un passaggio fino all’ospedale dove è ricoverata la loro madre, forse a causa della magia le due bambine non possono farsi vedere ma si limitano ad osservare la stanza della loro mamma seduto su un albero del giardino e vedono che mamma e papà stanno chiacchierando serenamente, capiscono che le condizioni di salute non sono poi così gravi e possono così tornare tranquillamente a casa.
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