Di tutti i film di Miyazaki è forse il più complesso e anche uno di quelli che mi sono piaciuti meno, forse per la trama a mio modo di vedere eccessivamente complicata e i continui voli pindarici che qua e là tendono a disperdere l’attenzione dello spettatore e spostano il fuoco del film, apparentemente senza una reale ragione, disperdendo la trama principale in rivoli che non sempre si chiudono e nemmeno sembrano avere un loro perchè.
Nel film si ritrovano alcuni dei classici clichè del maestro giapponese: la protagonista è una ragazza, è ambientato in un paese europeo, in questo caso vagamente somigliante e Vienna, dei primi anni del ‘900 e la magia è parte integrante della vita quotidiana. Ritroviamo le navi volanti viste in altri film, macchine che ricordano lo steampunk e un forte sentimento-bellico.
La protagonista del film è Sophie, una giovane ragazza orfana tutta casa e bottega che lavora nel negozio di cappelli di famiglia. Un giorno uscendo di casa incontra una ronda di gendarmi che prova a molestarla e viene salvata dall’intervento del mago Howl, giovane e bello e da qui comincia la vera e propria avventura.
La ragazza viene trasformata in una vecchia da una magia della Strega delle lande desolate, che è invaghita dello stesso Howl e quindi gelosa. L’incantesimo impedisce a Sophie di rivelare a chiunque la sua vera identità e la ragazza-nonnina decide di scappare abbandonando la famiglia.
Si ritrova nel Castello di Howl che, come dice il titolo del film, si muove grazie a un portentoso meccanismo a vapore; la macchina è a sua volta alimentata da Calcifer, un simpatico e potente demone del fuoco che fornisce energia a tutto il castello. Sofie, sempre nei panni di una vecchia novantenne, si autoassume come donna delle pulizie e incontra finalmente Howl; capisce che la porta del castello è magica e conduce su mondi diversi dove Howl si rifugia assumendo diverse identità.
La prima impressione è che Howl sia un indolente belloccio che sfrutta la magia e la porta per sfuggire ai suoi doveri e non combattere la guerra, nonostante la chiamata del re e della sua anziana insegnante.
Da questo punto in poi la trama si aggroviglia in un turbinio di sotto-trame più o meno complesse: il Castello viene distrutto, ricostruito torna ad apparire nel gran finale, Calcifer muore, non muore, si arrabbia e se ne va per poi tornare a fare il suo dovere e a svolgere i suoi compiti, Howl non è un codardo e salva mezza città da un bombardamento; Sophie torna giovane, poi vecchia poi giovane ma coi capelli grigi. E’ innamorata di Howl e scopre di essere ricambiata da molto, moltissimo tempo. La Strega della lande ridotta a un’innocua vecchina diventa addirittura simpatica così come la vecchia educatrice di Howl che è magari un po’ guerrafondaia ma in fondo poi non così cattiva, perfino il cane Heen che appare nella fase iniziale ha il suo lieto fine e alla fine del film gioca spensierato con il suo nuovo amico.
Un film che si vede volentieri ma non è certamente questo il miglior Miyazaki.
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