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Regista

Ermanno Olmi

Ermanno OlmiErmanno Olmi (Bergamo, 24 luglio 1931 – Asiago, 7 maggio 2018) è stato un regista, sceneggiatore, produttore cinematografico, direttore della fotografia, montatore e scrittore italiano. Ermanno Olmi era spesso accostato dalla critica a Pier Paolo Pasolini non solo per la sua attenzione all’universo degli umili e per il recupero delle dimensioni tradizionali e territoriali, ma anche perché come quest’ultimo spesso era operatore e montatore dei suoi film, oltre che regista.

Ermanno Olmi nacque a Bergamo, ma la famiglia, padre ferroviere e madre operaia, si trasferì a Treviglio quando lui era ancora piccolo, ed è lì che il futuro regista è cresciuto. Il suo luogo di nascita è stato spesso riportato erroneamente come Treviglio da più fonti, ma Olmi stesso ha fatto chiarezza su questo punto in un’intervista rilasciata a Charlie Owens, autore di una monografia dedicata al regista: Owens: «Alcuni scrivono che tu sei nato a Bergamo, altri scrivono Treviglio. Dove sei nato esattamente?». Olmi: «A Bergamo, in un quartiere chiamato Malpensata. Io spero che quando sono venuto al mondo mia madre l’abbia pensata in modo diverso, ovvero che sia stata una bella pensata l’avermi messo al mondo!» Di famiglia profondamente cattolica, Olmi rimane da giovane orfano di padre, morto durante la seconda guerra mondiale; frequenta prima il liceo scientifico e poi il liceo artistico, ma non porta a termine gli studi.

Si trasferisce a Milano per seguire i corsi di recitazione dell’Accademia di Arte Drammatica; contemporaneamente, allo scopo di mantenersi, trova anche un lavoro da fattorino presso la Edison-Volta, dove già lavorava la madre, che gli affida l’organizzazione delle attività ricreative per i dipendenti, in particolare quelle relative al servizio cinematografico, e gli viene richiesto di documentare le produzioni industriali attraverso filmati. Olmi sfrutta l’occasione per dimostrare la sua intraprendenza e il suo talento con la macchina da presa; pur non avendo praticamente nessuna esperienza alle spalle, tra il 1953 e il 1961 realizza decine di documentari, tra i quali La diga del ghiacciaio (che documenta la costruzione delle Diga del Sabbione), Tre fili fino a Milano (1958) e Un metro è lungo cinque. In tutti gli oltre quaranta documentari realizzati negli otto anni di lavoro si nota l’attenzione alla condizione degli uomini che lavorano nelle strutture aziendali, un modello interpretativo della realtà che anticipa le caratteristiche peculiari delle future pellicole di Olmi.

Finalmente nel 1959 Olmi debutta sul grande schermo con il lungometraggio Il tempo si è fermato, storia imperniata sull’amicizia fra uno studente e il guardiano di una diga e ambientato nell’isolamento e nella solitudine dell’alta montagna. Già in questo esordio si evidenziano i temi tipici della sua attività cinematografica e dispiegati nella fase del regista maturo, fedele alla propria cifra stilistica. Profondamente legato alle proprie origini rurali e modeste, privilegia i sentimenti delle persone semplici, il rapporto con la natura, e spesso offre uno sguardo sulla solitudine e sulle sue conseguenze, da qui la scelta di lavorare con attori non professionisti.

Due anni dopo grazie a Il posto (prodotto dalla casa di produzione 22 dicembre, fondata dallo stesso Olmi con un gruppo di amici) ottiene ottime recensioni da parte della critica. Il film ruota intorno alle aspirazioni di due giovani alle prese con il loro primo impiego. La pellicola si aggiudica il premio della critica alla Mostra del cinema di Venezia del 1961. Nel successivo film, I fidanzati (1963) si ritrovano ancora l’attenzione al quotidiano, alle cose semplici della vita, alle vicende del mondo operaio; il tutto intessuto da una vena intimista. Gira in seguito E venne un uomo (1965); un’attenta e partecipe biografia di papa Giovanni XXIII, nella quale non si lascia trascinare da scontati agiografismi.

Dopo un periodo contrassegnato da lavori non del tutto riusciti come Un certo giorno (1968), I recuperanti (1969), Durante l’estate (1971) e La circostanza (1974), nel 1977 Olmi ritrova l’ispirazione e dà alla luce quello che molti considerano il suo capolavoro assoluto, L’albero degli zoccoli (1978), che si aggiudica la Palma d’oro al Festival di Cannes e il Premio César per il miglior film straniero. Il film getta uno sguardo poetico, ma allo stesso tempo realistico, privo di sentimentalismi, al mondo contadino, l’ambiente nel quale Olmi è nato e cresciuto e al quale è sempre rimasto legato. Si trasferisce da Milano ad Asiago, dove da quel momento risiederà. Nel 1982 a Bassano del Grappa fonda la scuola di cinema Ipotesi Cinema. Sempre nel 1982 dirige Camminacammina, allegoria sulla favola dei Re Magi. Torna a girare documentari per la Rai, oltre ad alcuni spot televisivi.

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