Francesco Rosi (Napoli, 15 novembre 1922 – Roma, 10 gennaio 2015) è stato un regista e sceneggiatore italiano.
Francesco Rosi nacque a Napoli, nel quartiere di Montecalvario, il 15 novembre del 1922, figlio di Sebastiano Rosi, calabrese, direttore di un’agenzia marittima e caricaturista per i periodici cittadini Monsignor Perrelli e Vaco’e pressa, e di Amalia Carola, una casalinga napoletana. Nel 1930 nasce il fratello Massimo, che diventerà un famoso architetto. La famiglia Rosi ben presto si trasferisce, dapprima in Via Cesare Rossaroll, poi in Viale Regina Elena ed alfine in Via San Pasquale, nel quartiere di Chiaia. Durante il periido dell’estate, Francesco passa le vacanze a Posillipo, dove conosce Raffaele La Capria, con il quale condividerà l’amore per il mare, amicizia fraterna e lavoro. Francesco frequenta la scuola elementare Teresa Ravaschieri in Via Bausan, poi, dal 1934, il liceo ginnasio Umberto I. Qui stringe amicizia con quelli che saranno i compagni di una vita legati dall’amore per la cultura e per l’impegno politico: Giorgio Napolitano, Antonio Ghirelli, Francesco Compagna, Achille Millo, Giuseppe Patroni Griffi, Maurizio Barendson e Rosellina Balbi.
Nel 1940, in pieno periodo bellico, Rosi si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell’Università Federico II di Napoli. L’amicizia dei “ragazzi di Via Chiaia” continua anche all’università: amano il teatro, il cinema, la letteratura, frequentano il Circolo degli Illusi in Via Crispi, dove mettono in scena atti unici di Patroni Griffi, di Ghirelli e dello stesso Napolitano. Sono loggionisti del Teatro Mercadante e frequentano la sede del settimanale del Guf di Napoli “IX Maggio”. Il 3 febbraio del 1943, Rosi viene chiamato alle armi e parte dunque per Firenze, al 7° Autieri, per frequentare il V corso preparatorio di addestramento. Ivi conosce Enzo Papoff e Mario Ferrero. Dopo l’armistizio di Cassibile, per evitare l’arresto da parte dei tedeschi, Rosi si rifugia nel “buco”, la casa di Ferrero, assieme all’amico Carlo Pucci, nipote di Ernesto Rossi. Qui trascorrono le serate a discutere con Nello Traquandi e con Carlo Ludovico Ragghianti, uno dei suoi primi maestri. “Con loro si parlava della Resistenza, del fascismo, del Partito d’Azione. Si parlava di ciò che si sarebbe fatto dopo la Liberazione, quali erano i programmi. E leggevamo”.
Nel 1944, collabora con Radio Napoli, diretta da Italo De Feo; conosce il regista Ettore Giannini, lavora con Luigi Compagnone, con Tommaso Giglio e Raffaele La Capria. Nel 1945, entra nella redazione di un quindicinale di letteratura e arte, Sud, fondato da Pasquale Prunas, ancora con gli amici di sempre: La Capria, Patroni Griffi, Barendson, ma anche Anna Maria Ortese, Carla de Riso, Luigi Compagnone e Mario Stefanile. Francesco Rosi disegna un sillabario ed illustra un’edizione di Alice nel paese delle meraviglie. Inventa storie e le disegna. Parte poi alla volta di Milano per lavorare al quotidiano Milano Sera, dove già svolgono la loro attività giornalistica Alfonso Gatto e Ghirelli. Nel 1946, si trasferisce a Roma, entrando nella Compagnia del Teatro Quirino di Orazio Costa; Ettore Giannini gli propone di lavorare come assistente per ‘O voto di Salvatore Di Giacomo. Nel 1947 si dedica anche al cinema: recita con Nino Taranto in Dove sta Zazà di Giorgio Simonelli. Poi gira per l’Italia con uno spettacolo di rivista: E lui dice di Benecoste, con la Compagnia del Quattro Fontane di Adolfo Celi. Prepara uno studio su I Malavoglia di Giovanni Verga per partecipare al concorso di ammissione al Centro sperimentale di cinematografia. Ma Luchino Visconti lo chiama come assistente alla regia, assieme a Franco Zeffirelli, per il film La terra trema: il 28 ottobre del 1947 firma il contratto. “L’occasione mi venne fornita dal mio amico Achille Millo, a cui Visconti aveva proposto di fargli da assistente per La Terra Trema. Millo volle invece continuare a fare l’attore, così parlò di me a Visconti, che non ebbe difficoltà ad accettarmi. Visconti, con il gusto che ha sempre avuto per il pionieristico, per la provocazione, aveva messo insieme un gruppo di persone che non avevano mai fatto cinematografo; l’unico era lui, che poi lo aveva fatto una sola volta, sia pure magnificamente, con Ossessione”.
Collabora, in veste di aiuto-regista, con Luchino Visconti anche per Senso (1953) e, invece come sceneggiatore, affianco di Suso Cecchi D’Amico, per Bellissima. “Instancabile, Visconti era il capo di una impresa, oltre che l’autore e il regista di un film; duro e allo stesso tempo giusto, comprensivo […]. Egli metteva i suoi collaboratori nella condizione più difficile, ma anche la più esaltante, per imparare”.
Nel corso degli anni cinquanta, Francesco Rosi continua la sua attività di aiuto-regista e sceneggiatore: lavora come assistente alla regia in Tormento e de I figli di nessuno di Raffaello Matarazzo e Una Domenica d’agosto e Parigi è sempre Parigi di Luciano Emmer.
Nel 1952 scrive con Ettore Giannini il soggetto del film Processo alla città di Luigi Zampa. Come aiuto-regista collabora con Michelangelo Antonioni ne I vinti. Subentra inoltre alla regia di Camicie rosse, causa l’abbandono di Goffredo Alessandrini.
Nel 1953 è ancora aiuto-regista e sceneggiatore con Ettore Giannini, che dirige Carosello napoletano. Nel 1954 è aiuto-regista di Mario Monicelli in Proibito e di Emmer in Terza liceo. Con Gianni Scognamiglio adatta per la radio testi di Antonio Petito e Pasquale Altavilla. Cura la regia della serie radiofonica Le novantanove disgrazie di Pulcinella di Carlo Guarini in onda tra il 1955 ed il 1956.
Nel 1956 figura come sceneggiatore ed aiuto-regista de Il bigamo di Luciano Emmer e, questa volta in qualità di co-regista al fianco di Vittorio Gassman, di Kean genio e sregolatezza.
L’anno successivo, Rosi scrive una sceneggiatura tratta dal romanzo di Bruno Traven La nave morta, storia di un sans papier, un uomo senza documenti, dunque senza identità e senza nazionalità. Ma il film Le carrette del mare non sarà mai realizzato.